mercoledì 14 marzo 2018

Meglio il Blog o la Pagina Facebook?

Come accennavo in precedenza, dipende dalle esigenze.

Si tratta di due strumenti diversi, pertanto diversi sono anche gli usi.

Per spiegare la differenza tra i due ambienti, ho trovato una metafora abbastanza efficace:

- Facebook è una piazza pubblica. Puoi affacciarti dal balcone e guardare ciò che fanno gli altri, parlare con il tuo vicino o esporre ciò che vuoi.
- Il Blog è il salone di casa: chi ti conosce può venire a trovarti, sa dove accomodarsi, dove poggiare il bicchiere, dove cercare il telecomando. 


La metafora fotografa il presente, è efficace per spiegare quello che Blog e Facebook sono oggi, nel 2018. Essendo il web 2.0 materia alquanto liquida, è tutto in continua evoluzione.

Seguendo la metafora, è evidente come il pubblico che prendi in piazza (mediamente numeroso) è differente da quello che ti viene a trovare in casa (più esiguo, ma più attento a ciò che hai da dire).

Quindi, se la tua esigenza è quella di parlare a più persone possibile, meglio la Pagina Facebook, se hai intenzione di creare uno zoccolo duro di lettori, allora vira sul blog.

mercoledì 7 marzo 2018

Ha senso aprire un blog?

Sì.

E qui potrei fermarmi, però il post di questa settimana sarebbe davvero troppo corto.

I blog altro non sono che uno dei tanti strumenti comunicativi a disposizione di questi tempi. Pertanto, nonostante il boom delle piattaforme di blogging sia ampiamente passato, ha comunque senso avere un blog nel 2018.

Perché, e questa è storia, l’arrivo di un nuovo medium non sostituisce il vecchio, ma lo affianca, spesso facendolo mutare più o meno profondamente, nel sistema mediale.

Essendo il blog uno strumento, varia a seconda dell’utilizzo che se ne fa.

Quando ho deciso di riprendere in mano Pagina Bianca, ad esempio, l’ho fatto soprattutto per un motivo: darmi delle scadenze per scrivere con una certa regolarità.

Avrei potuto optare anche per un social network, ma se lo avessi fatto i post si sarebbero persi nel flusso e non sarebbero stati facilmente consultabili.

Avevo bisogno di un archivio pubblico di ciò che scrivo, per misurare la mia costanza e, in alcuni casi, rileggere quanto scritto.

mercoledì 28 febbraio 2018

Il giusto tempo per la scrittura: Slow-writing

Esco ogni mattina intorno alle 8:20 per andare in ufficio. Rientro a casa, se tutto va bene, alle 18:40.

Dal lunedì al venerdì.

Tra cena, preparazione del pranzo per il giorno seguente e fisiologico riposo, il tempo per scrivere è risicato.

Da qualche settimana, ho fatto una scelta abbastanza ostica per me: tagliare e rimandare un bel po’ di progetti. Non ce la facevo a stare dietro a tutto, per cui mi son detto “meglio pochi ma buoni”.

Per la scrittura ci vuole il giusto tempo. La vena creativa che ti prende, si impossessa di te e ti fa sfornare il capolavoro credo sia una cazzata.
Oppure, e la cosa non mi stupirebbe affatto, ce l’hanno solo pochi miracolati.

Noi umili mortali, come per ogni lavoro e ogni disciplina, dobbiamo studiare, seguire le regole, gli schemi collaudati dei grandi maestri.

Dopo la grande intuizione, l’idea geniale, il colpo di scena che tanto ci è piaciuto, c’è tutto il resto. La costruzione del mondo narrativo, la profondità dei personaggi, il realismo dei dialoghi e un milione di altre cose.

Per tutto questo c’è bisogno di tempo, del giusto tempo.

mercoledì 21 febbraio 2018

Si può vivere di scrittura?

Sì, io lo faccio.

Sono uno scrittore? No, affatto.

Aspiro a diventarlo? Ogni fottutissimo giorno.

Di scrittori “classici”, ovvero coloro che vivono scrivendo storie per un medium esclusivo (sia esso il libro, il fumetto o l’audiovisivo) in Italia, e nel mondo, ce ne sono pochi.
La ragione principale è molto banale: sono in pochi a vendere così tanto da giustificare uno stipendio regolare.

Lo scrittore “non esclusivo” non è un eccezione, ma la regola.

Come dicevo all’inizio, io vivo di scrittura. Nel mio lavoro principale la scrittura ha un ruolo primario e di questo sono contento perché conosco e amo tutte le sfumature dello scrivere.

Mi piacerebbe, però, definirmi uno scrittore. Cosa che, allo stato attuale, non sono.

Vivo di scrittura, ma non scrivendo storie.

Ecco, l’obiettivo è ribaltare, nei prossimi anni, quest’ultima frase.

mercoledì 14 febbraio 2018

Il piacere di scrivere

Per me scrivere è, prima di tutto, un piacere.
Poi diventa un bisogno, perché quando una cosa ti fa stare bene, senti la necessità di farla.

Scrivere storie a fumetti è un’aspirazione, un sogno. Come tutti i sogni, il rischio che diventi un incubo è dietro l’angolo.

Per fortuna e purtroppo, infatti, scrivere storie di professione non è un diritto, ma un privilegio. Per questo motivo, se da un lato è giusto e sacrosanto provarci fino allo sfinimento, sbattere la faccia davanti ad un incalcolabile numero di “no”, arriverà il momento in cui prendere coscienza di ciò che si è.

Qui, in questo preciso momento, il sogno rischia di fagocitare ogni cosa e trasformarsi in un incubo.

L’unico modo che ho trovato sinora per uscire dall’incubo, è quello di tornare alle origini, alla ragione primaria per la quale scrivo.

Al primo rigo di questo post.

mercoledì 7 febbraio 2018

Cos'è il blocco dello scrittore?

Il blocco dello scrittore non esiste.

“Gli scrittori scrivono tutto il giorno. È ok, non è da tutti. Ma se ti ritieni uno scrittore, muovi il culo e torna a lavoro”.

Parole di Brian M. Bendis, sceneggiatore, tra gli altri, di Daredevil, Jessica Jones e dei Vendicatori.

Ha ragione, ha dannatamente ragione. 

Se non scrivi è perché non vuoi scrivere. Quella cazzo di pagina bianca, infatti, può essere sempre riempita.

Il mio problema, che spesso riconduco al fantomatico "blocco dello scrittore", è quella cazzo di ossessione verso la supposta perfezione.

"No, non va bene"

"Fa cagare"

"Cazzate, cazzate e ancora cazzate"


Basta.

Ho deciso di tornare all’origine di tutto. Voglio e devo scrivere per il solo piacere di farlo, perché ne ho bisogno.

Perché mi fa stare bene.

Un unico, semplice, imperativo per uscire dal blocco dello scrittore.



martedì 31 gennaio 2017

La brillante dialettica di Gasparri su Twitter

Maurizio Gasparri su Twitter non è nuovo a magre figure.
Più di due mesi fa anche io ho avuto l'onore di essere bannato dall'ex Ministro della Comunicazione, che dimostra ancora una volta, semmai ce ne fosse stato bisogno, di essere la persona adatta per ricoprire quel ruolo ad interim, data la sua vasta competenza in maniera (Attenzione: l'ultima frase contiene sarcasmo).

Tutto nasce dal fatto che l'onorevole soffre della sindrome del tuttologo, pare convinto di dover dire la sua su ogni argomento.
Quando si tratta di prodotti culturali, in particolare di quelli seriali, però, la cosa mi tocca da vicino.
Gasparri ha reputato fondamentale, infatti, fare un'interrogazione parlamentare sul fatto che Rocco Schiavone, personaggio nato dalla penna di Antonio Manzini ed interpretato sul piccolo schermo da Marco Giallini, si faccia le canne e dica parolacce.

Dopo aver letto la notizia, vado sul profilo del senatore e mi imbatto in un suo motivato, competente e attento giudizio su un'altra fiction italiana: The Young Pope.
Questo il prezioso contributo dell'illuminato senatore:



Dato l'altissimo livello di analisi effettuata da Gasparri, la mia reazione è spontanea.


A questo punto accade l'inaspettato, il rispettabile membro di Forza Italia mi risponde! 

p.s. Ho utilizzato la parola "membro" in automatico. Volendo può riportare al membro maschile e sottintendere che Gasparri sia una testa di cazzo. Non l'ho detto io, eh!





12 parole per smontare tutto ciò che ho studiato in 5 anni (e più, perché su certi temi l'aggiornamento è necessariamente continuo) di università.
1) Gasparri dice la verità. Non si discute, non c'è possibilità. Lui è il custode dell'unica Verità.
2) "Avrai tu il problema di farti notare". Com'era? "Specchio riflesso, culo nel cesso!". Piuttosto che rispondere sul merito, mi rinfaccia la stessa cosa. 
3) "#nullità". Non è tanto il fatto che mi abbia dato della nullità, perché come gli ho scritto per me è un complimento detto da lui, la cosa che mi lascia perplesso è l'utilizzo dell'hashtag. Perché? Si parlava di altro. È evidente che l'onorevole non sappia cosa siano e come si utilizzino gli hashtag, basta dare un'occhiata alla prima immagine caricata su questo pezzo o a uno qualsiasi dei suoi tweet. Se vi va (io non posso), consigliategli la mia guida al corretto utilizzo degli hashtag.
4) Andiamo sul contenuto. Gasparri ha serie difficoltà a distinguere tra fiction e realtà. A quando un'interrogazione parlamentare sul fatto che, in alcuni cartoni animati film, gli animali parlano?
5) Da un ex Ministro della Comunicazione, mi aspetto un certo livello di discussione, il Nostro, invece, termina così:


E mi blocca. Ennesima offesa personale e chiusura totale del discorso. 

Applausi.