sabato 21 aprile 2018

La felicità non esiste per colpa dei supereroi


La letteratura popolare americana, in particolare quella supereroica, mi ha dato tanto, praticamente tutto se guardo alle mie passioni.

Però, riflettendoci, mi ha anche tolto qualcosa: la felicità.

Come accennavo la settimana scorsa, infatti, se penso alla felicità come a un senso di appagamento totale, allora questa non esiste.

Credo che, per quanto mi riguarda, mi sia stata portata via dai supereroi e dal mio amore per loro.



I supereroi mi hanno fatto crescere con il mito del self-made man, della rivincita dei deboli, delle cocenti sconfitte che diventano le basi per i migliori successi.

Il supereroe, in qualche modo, lotta sempre per farcela. È una sua caratteristica intrinseca, è ciò che lo rende super.

Subisce sconfitte.

Perde persone care.

Vede amici che diventano nemici e viceversa.

Ma non molla mai.

Non smette mai di credere nella sua causa, anche se questa non avrà mai fine, perché bene e male sono come yin e yang: uno non può esistere in assenza dell’altro.

Inconsciamente, forse, adatto la forma mentis del supereroe al mio quotidiano.

Se il supereroe salva una vita non può fermarsi e festeggiare, perché altri potrebbero essere in pericolo; allo stesso modo, se ho un lavoro che mi piace, non posso fermarmi perché vorrei di più, e anche altro.


Quindi, alla fine, ho fatto male a leggere e ad appassionarmi così tanto?

No, per nulla.

Nessun commento:

Posta un commento