sabato 21 aprile 2018

La felicità non esiste per colpa dei supereroi


La letteratura popolare americana, in particolare quella supereroica, mi ha dato tanto, praticamente tutto se guardo alle mie passioni.

Però, riflettendoci, mi ha anche tolto qualcosa: la felicità.

Come accennavo la settimana scorsa, infatti, se penso alla felicità come a un senso di appagamento totale, allora questa non esiste.

Credo che, per quanto mi riguarda, mi sia stata portata via dai supereroi e dal mio amore per loro.



I supereroi mi hanno fatto crescere con il mito del self-made man, della rivincita dei deboli, delle cocenti sconfitte che diventano le basi per i migliori successi.

Il supereroe, in qualche modo, lotta sempre per farcela. È una sua caratteristica intrinseca, è ciò che lo rende super.

Subisce sconfitte.

Perde persone care.

Vede amici che diventano nemici e viceversa.

Ma non molla mai.

Non smette mai di credere nella sua causa, anche se questa non avrà mai fine, perché bene e male sono come yin e yang: uno non può esistere in assenza dell’altro.

Inconsciamente, forse, adatto la forma mentis del supereroe al mio quotidiano.

Se il supereroe salva una vita non può fermarsi e festeggiare, perché altri potrebbero essere in pericolo; allo stesso modo, se ho un lavoro che mi piace, non posso fermarmi perché vorrei di più, e anche altro.


Quindi, alla fine, ho fatto male a leggere e ad appassionarmi così tanto?

No, per nulla.

sabato 14 aprile 2018

La felicità non esiste

Per anni ho portato avanti la tesi che la felicità, in fondo, non esiste.
Il ragionamento era molto semplice: se mi fermo a pensare alla mia vita, posso dirmi felice?

La risposta era sempre no.

Anche se stavo bene, se tutti gli aspetti del mio quotidiano andavano per il verso giusto, non potevo considerarmi “felice”, perché alcune cose potevano andare meglio, quindi non mi sentivo pienamente realizzato.

Avrei voluto avere voti più alti a scuola, o faticare di meno su certe materie.

Mi sarebbe piaciuto giocare meglio a basket e aiutare la squadra a vincere più partite.

E così via.


Non ero felice, perché mi mancava sempre qualcosa.

Con il passare degli anni, le cose non sono cambiate.

Dopo aver cambiato 15 datori di lavoro in poco più di due anni, con contratti da massimo 5 mesi, ho finalmente una prospettiva lavorativa stabile per un periodo medio lungo.

Sono felice?

No, perché vorrei essere più preparato sul lavoro.
Perché vorrei avere più tempo da dedicare alla scrittura e perché penso che gli 80 minuti circa che impiego per andare e tornare dall’ufficio ogni giorno sia tempo sottratto alla lettura, al divertimento, al relax.

In generale, vorrei sempre qualcosa in più e, dato che non credo di essere tanto diverso dal resto del genere umano, immagino sia una sensazione che proviamo tutti.

Pertanto, la felicità non esiste.


Forse.


sabato 7 aprile 2018

Che cos’è la felicità?

“Scrivi qualcosa sulla felicità, tu saresti in grado di farlo”.

Una sera di fine estate, tre amici neanche maggiorenni, una birra ciascuno e tante chiacchiere, prima di arrivare a parlare della felicità.

Uno dei tre ha la passione per la scrittura e una sensibilità che appare precoce (e probabilmente lo è) a tutti i suoi coetanei. È proprio a lui che viene rivolta la frase di inizio post.

La risposta che seguì non la ricordo con precisione, forse perché per un attimo mi estraniai da quel contesto, come se il tempo si fosse fermato.

Per scrivere sulla felicità bisognerebbe conoscerla, quindi: che cos’è la felicità? Quando posso ritenermi effettivamente felice?

Dubbi e domande che mi portai dietro per un bel po’.

In quel periodo, infatti, iniziai pensare che scrivere mi faceva stare bene e che mi sarebbe piaciuto farne la mia professione. Per riuscirci, credevo che quello di scrivere sulla felicità fosse una tappa che, prima o poi, chi ama la narrazione e vuole lavorare con questa e per questa dovesse in qualche modo affrontare.

A memoria, mi pare di non aver mai trattato il tema “felicità”.
Il Marco adolescente avrebbe detto che ho ancora tanta strada da fare.

mercoledì 28 marzo 2018

Quindi, alla fine, con questo blog che ci faccio?

Diversi anni fa passai un periodo non particolarmente facile.
Chiacchierando con un amico, mi consigliò di provare a dedicare del tempo a ciò che mi faceva stare bene in quel momento: scrivere.

Seguii il suggerimento e, data la mia ossessione per quaderni e bloc-notes, destinai un piccolo quaderno a questa specifica attività.
Lo portavo sempre con me, era il mio “quaderno terapeutico”, la mia via di fuga dalla realtà, la mia seconda stella a destra.

Ecco, Pagina Bianca sta assumendo, in qualche modo, lo stesso ruolo di quel quaderno.

Sono in blog-terapia.

mercoledì 21 marzo 2018

Blogging: seguire o no le best practices?

Una delle best practices da seguire nella gestione di un blog è quella di dedicarsi ad uno specifico argomento.

Ecco, non lo farò con Pagina Bianca.

Da anni soffro di una schizofrenia professionale: sono laureato in comunicazione ma ho una formazione anche in scrittura creativa (sia autodidatta che certificata).

Pertanto, visto che non parlo di cose che non conosco, il blog dovrebbe essere relativo a uno di questi due aspetti.

Però a fare così il serioso rischio di annoiarmi. Anzi, già mi sono annoiato.

Probabilmente ho annoiato anche te.

Quindi per oggi la chiudo qui.


Alla prossima.



Scusa.


mercoledì 14 marzo 2018

Meglio il Blog o la Pagina Facebook?

Come accennavo in precedenza, dipende dalle esigenze.

Si tratta di due strumenti diversi, pertanto diversi sono anche gli usi.

Per spiegare la differenza tra i due ambienti, ho trovato una metafora abbastanza efficace:

- Facebook è una piazza pubblica. Puoi affacciarti dal balcone e guardare ciò che fanno gli altri, parlare con il tuo vicino o esporre ciò che vuoi.
- Il Blog è il salone di casa: chi ti conosce può venire a trovarti, sa dove accomodarsi, dove poggiare il bicchiere, dove cercare il telecomando. 


La metafora fotografa il presente, è efficace per spiegare quello che Blog e Facebook sono oggi, nel 2018. Essendo il web 2.0 materia alquanto liquida, è tutto in continua evoluzione.

Seguendo la metafora, è evidente come il pubblico che prendi in piazza (mediamente numeroso) è differente da quello che ti viene a trovare in casa (più esiguo, ma più attento a ciò che hai da dire).

Quindi, se la tua esigenza è quella di parlare a più persone possibile, meglio la Pagina Facebook, se hai intenzione di creare uno zoccolo duro di lettori, allora vira sul blog.

mercoledì 7 marzo 2018

Ha senso aprire un blog?

Sì.

E qui potrei fermarmi, però il post di questa settimana sarebbe davvero troppo corto.

I blog altro non sono che uno dei tanti strumenti comunicativi a disposizione di questi tempi. Pertanto, nonostante il boom delle piattaforme di blogging sia ampiamente passato, ha comunque senso avere un blog nel 2018.

Perché, e questa è storia, l’arrivo di un nuovo medium non sostituisce il vecchio, ma lo affianca, spesso facendolo mutare più o meno profondamente, nel sistema mediale.

Essendo il blog uno strumento, varia a seconda dell’utilizzo che se ne fa.

Quando ho deciso di riprendere in mano Pagina Bianca, ad esempio, l’ho fatto soprattutto per un motivo: darmi delle scadenze per scrivere con una certa regolarità.

Avrei potuto optare anche per un social network, ma se lo avessi fatto i post si sarebbero persi nel flusso e non sarebbero stati facilmente consultabili.

Avevo bisogno di un archivio pubblico di ciò che scrivo, per misurare la mia costanza e, in alcuni casi, rileggere quanto scritto.