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lunedì 28 maggio 2018

Il mio ARFestival

Per me l'ARFestival è iniziato sabato 28 aprile, con una Masterclass di sceneggiatura.

Al termine della lezione, gli sceneggiatori-docenti hanno improvvisato una sessione di firme e dediche su alcuni materiali che avevano a disposizione.

Una breve fila, una chiacchiera di un minuto scarso e una dedica che in sette parole racchiude tutto ciò di cui avevo bisogno.





C'è stato, poi, il Festival vero e proprio. Durante il quale:

- Sono stato allo stand del Collettivo Ronin, dove ho trovato colleghi agguerriti con i quali continuare a costruire storie.
- Ho rivisto amici e ne ho conosciuti di nuovi.
- Sono stato preso a schiaffi (e quanto ci voleva!).
- Ho chiacchierato con un mio idolo.
- Ho respirato la mia passione a pieni polmoni.

La fiera la chiudo idealmente come l'avevo iniziata, con una dedica inaspettata e necessaria (per me).



lunedì 21 maggio 2018

Oltre il limite

Facendo un conto per sommi capi, direi che ogni mese ho a disposizione 52 ore da dedicare alla scrittura. Considerando una giornata lavorativa di 8 ore, ogni mio mese da sceneggiatore corrisponde, a stento, a una settimana di lavoro.

Anche per queste ragioni, avevo deciso di limitare la mole di lavoro, ridurre il carico. Dovevo dedicarmi a poche storie, dando il massimo per queste.

Ci sto riuscendo?

Sì e no, ma forse più no.

Un po’ perché fare storie non è come servire ai tavoli di un ristorante, non si tratta di un lavoro dove è possibile “spegnere il cervello” e andare con il pilota automatico. O meglio, se è possibile, io non ho ancora trovato il modo di farlo.

Un po’ perché anche se una storia è accantonata, continuo a pensarci, a fare ipotesi, a cercare soluzioni narrative. In pratica, a lavorarci.

La motivazione principale, però, temo sia un’altra: la voglia di spingermi sempre al limite e tentare di superarlo, ponendo il limite ancora più in là.

Ho sempre portato avanti, con orgoglio, la passione per la narrazione in parallelo ai miei studi universitari prima e ai lavori nel mondo della comunicazione poi.

Tornare a casa dopo una conferenza stampa e mettermi al lavoro su una sceneggiatura, magari facendo le ore piccole, mi faceva stare bene.

E mi fa stare bene tuttora (si ok, mi fa anche incazzare).

Il punto è che si tratta di una cosa alla quale tengo parecchio, quindi cercherò sempre di infilarla nella mia vita e di infilarcene quanta più possibile.

mercoledì 28 febbraio 2018

Il giusto tempo per la scrittura: Slow-writing

Esco ogni mattina intorno alle 8:20 per andare in ufficio. Rientro a casa, se tutto va bene, alle 18:40.

Dal lunedì al venerdì.

Tra cena, preparazione del pranzo per il giorno seguente e fisiologico riposo, il tempo per scrivere è risicato.

Da qualche settimana, ho fatto una scelta abbastanza ostica per me: tagliare e rimandare un bel po’ di progetti. Non ce la facevo a stare dietro a tutto, per cui mi son detto “meglio pochi ma buoni”.

Per la scrittura ci vuole il giusto tempo. La vena creativa che ti prende, si impossessa di te e ti fa sfornare il capolavoro credo sia una cazzata.
Oppure, e la cosa non mi stupirebbe affatto, ce l’hanno solo pochi miracolati.

Noi umili mortali, come per ogni lavoro e ogni disciplina, dobbiamo studiare, seguire le regole, gli schemi collaudati dei grandi maestri.

Dopo la grande intuizione, l’idea geniale, il colpo di scena che tanto ci è piaciuto, c’è tutto il resto. La costruzione del mondo narrativo, la profondità dei personaggi, il realismo dei dialoghi e un milione di altre cose.

Per tutto questo c’è bisogno di tempo, del giusto tempo.

mercoledì 21 febbraio 2018

Si può vivere di scrittura?

Sì, io lo faccio.

Sono uno scrittore? No, affatto.

Aspiro a diventarlo? Ogni fottutissimo giorno.

Di scrittori “classici”, ovvero coloro che vivono scrivendo storie per un medium esclusivo (sia esso il libro, il fumetto o l’audiovisivo) in Italia, e nel mondo, ce ne sono pochi.
La ragione principale è molto banale: sono in pochi a vendere così tanto da giustificare uno stipendio regolare.

Lo scrittore “non esclusivo” non è un eccezione, ma la regola.

Come dicevo all’inizio, io vivo di scrittura. Nel mio lavoro principale la scrittura ha un ruolo primario e di questo sono contento perché conosco e amo tutte le sfumature dello scrivere.

Mi piacerebbe, però, definirmi uno scrittore. Cosa che, allo stato attuale, non sono.

Vivo di scrittura, ma non scrivendo storie.

Ecco, l’obiettivo è ribaltare, nei prossimi anni, quest’ultima frase.

mercoledì 14 febbraio 2018

Il piacere di scrivere

Per me scrivere è, prima di tutto, un piacere.
Poi diventa un bisogno, perché quando una cosa ti fa stare bene, senti la necessità di farla.

Scrivere storie a fumetti è un’aspirazione, un sogno. Come tutti i sogni, il rischio che diventi un incubo è dietro l’angolo.

Per fortuna e purtroppo, infatti, scrivere storie di professione non è un diritto, ma un privilegio. Per questo motivo, se da un lato è giusto e sacrosanto provarci fino allo sfinimento, sbattere la faccia davanti ad un incalcolabile numero di “no”, arriverà il momento in cui prendere coscienza di ciò che si è.

Qui, in questo preciso momento, il sogno rischia di fagocitare ogni cosa e trasformarsi in un incubo.

L’unico modo che ho trovato sinora per uscire dall’incubo, è quello di tornare alle origini, alla ragione primaria per la quale scrivo.

Al primo rigo di questo post.

mercoledì 7 febbraio 2018

Cos'è il blocco dello scrittore?

Il blocco dello scrittore non esiste.

“Gli scrittori scrivono tutto il giorno. È ok, non è da tutti. Ma se ti ritieni uno scrittore, muovi il culo e torna a lavoro”.

Parole di Brian M. Bendis, sceneggiatore, tra gli altri, di Daredevil, Jessica Jones e dei Vendicatori.

Ha ragione, ha dannatamente ragione. 

Se non scrivi è perché non vuoi scrivere. Quella cazzo di pagina bianca, infatti, può essere sempre riempita.

Il mio problema, che spesso riconduco al fantomatico "blocco dello scrittore", è quella cazzo di ossessione verso la supposta perfezione.

"No, non va bene"

"Fa cagare"

"Cazzate, cazzate e ancora cazzate"


Basta.

Ho deciso di tornare all’origine di tutto. Voglio e devo scrivere per il solo piacere di farlo, perché ne ho bisogno.

Perché mi fa stare bene.

Un unico, semplice, imperativo per uscire dal blocco dello scrittore.