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sabato 28 aprile 2018

Ho scoperto cos'è la felicità

Sono tre settimane che ragiono sulla felicità, se hai perso le puntate precedenti puoi andare qui, poi quo e infine qua (ah ah!).

Se volete, andate a leggere (o rileggere).

Altrimenti non fa niente. Tanto son tutte cazzate, perché la felicità esiste.

Semplicemente, stavo guardando dalla parte sbagliata.

La felicità è un attimo, spesso della durata di pochi secondi, durante il quale non conta più nulla, perché tutto si blocca e non si riesce a pensare.

La felicità è irrazionale e più tentiamo di darle dei confini, più lei se ne libera accartocciandoli.

La felicità è una rapida espressione delle persone a noi care e l’unico modo che abbiamo per essere felici è portarle a compiere un semplice gesto quanto più frequentemente possibile.

La felicità, in sostanza, è questo:











sabato 21 aprile 2018

La felicità non esiste per colpa dei supereroi


La letteratura popolare americana, in particolare quella supereroica, mi ha dato tanto, praticamente tutto se guardo alle mie passioni.

Però, riflettendoci, mi ha anche tolto qualcosa: la felicità.

Come accennavo la settimana scorsa, infatti, se penso alla felicità come a un senso di appagamento totale, allora questa non esiste.

Credo che, per quanto mi riguarda, mi sia stata portata via dai supereroi e dal mio amore per loro.



I supereroi mi hanno fatto crescere con il mito del self-made man, della rivincita dei deboli, delle cocenti sconfitte che diventano le basi per i migliori successi.

Il supereroe, in qualche modo, lotta sempre per farcela. È una sua caratteristica intrinseca, è ciò che lo rende super.

Subisce sconfitte.

Perde persone care.

Vede amici che diventano nemici e viceversa.

Ma non molla mai.

Non smette mai di credere nella sua causa, anche se questa non avrà mai fine, perché bene e male sono come yin e yang: uno non può esistere in assenza dell’altro.

Inconsciamente, forse, adatto la forma mentis del supereroe al mio quotidiano.

Se il supereroe salva una vita non può fermarsi e festeggiare, perché altri potrebbero essere in pericolo; allo stesso modo, se ho un lavoro che mi piace, non posso fermarmi perché vorrei di più, e anche altro.


Quindi, alla fine, ho fatto male a leggere e ad appassionarmi così tanto?

No, per nulla.

sabato 14 aprile 2018

La felicità non esiste

Per anni ho portato avanti la tesi che la felicità, in fondo, non esiste.
Il ragionamento era molto semplice: se mi fermo a pensare alla mia vita, posso dirmi felice?

La risposta era sempre no.

Anche se stavo bene, se tutti gli aspetti del mio quotidiano andavano per il verso giusto, non potevo considerarmi “felice”, perché alcune cose potevano andare meglio, quindi non mi sentivo pienamente realizzato.

Avrei voluto avere voti più alti a scuola, o faticare di meno su certe materie.

Mi sarebbe piaciuto giocare meglio a basket e aiutare la squadra a vincere più partite.

E così via.


Non ero felice, perché mi mancava sempre qualcosa.

Con il passare degli anni, le cose non sono cambiate.

Dopo aver cambiato 15 datori di lavoro in poco più di due anni, con contratti da massimo 5 mesi, ho finalmente una prospettiva lavorativa stabile per un periodo medio lungo.

Sono felice?

No, perché vorrei essere più preparato sul lavoro.
Perché vorrei avere più tempo da dedicare alla scrittura e perché penso che gli 80 minuti circa che impiego per andare e tornare dall’ufficio ogni giorno sia tempo sottratto alla lettura, al divertimento, al relax.

In generale, vorrei sempre qualcosa in più e, dato che non credo di essere tanto diverso dal resto del genere umano, immagino sia una sensazione che proviamo tutti.

Pertanto, la felicità non esiste.


Forse.


sabato 7 aprile 2018

Che cos’è la felicità?

“Scrivi qualcosa sulla felicità, tu saresti in grado di farlo”.

Una sera di fine estate, tre amici neanche maggiorenni, una birra ciascuno e tante chiacchiere, prima di arrivare a parlare della felicità.

Uno dei tre ha la passione per la scrittura e una sensibilità che appare precoce (e probabilmente lo è) a tutti i suoi coetanei. È proprio a lui che viene rivolta la frase di inizio post.

La risposta che seguì non la ricordo con precisione, forse perché per un attimo mi estraniai da quel contesto, come se il tempo si fosse fermato.

Per scrivere sulla felicità bisognerebbe conoscerla, quindi: che cos’è la felicità? Quando posso ritenermi effettivamente felice?

Dubbi e domande che mi portai dietro per un bel po’.

In quel periodo, infatti, iniziai pensare che scrivere mi faceva stare bene e che mi sarebbe piaciuto farne la mia professione. Per riuscirci, credevo che quello di scrivere sulla felicità fosse una tappa che, prima o poi, chi ama la narrazione e vuole lavorare con questa e per questa dovesse in qualche modo affrontare.

A memoria, mi pare di non aver mai trattato il tema “felicità”.
Il Marco adolescente avrebbe detto che ho ancora tanta strada da fare.

venerdì 26 settembre 2014

Anni fa...

26 anni fa nascevo.

25 anni fa venivo immortalato mentre prendevo gli occhiali da sole dal naso di mio padre, la foto la conservo ancora.

24 anni fa ero curioso, e c'è chi giura che da allora non è poi cambiato molto.

23 anni fa mi arrampicavo dappertutto, ringhiera del balcone compresa. Volevo guardare oltre.

22 anni fa credevo che al mondo si parlassero solo due lingue: italiano e inglese.

21 anni fa la cosa più importante per me era mantenere lo status di miglior giocatore di nascondino del palazzo.

20 anni fa rimanevo stregato dal cartone animato dell'Uomo Ragno.

19 anni fa leggevo il mio primo fumetto, pensavo che non avrei mai smesso di leggerli, avevo ragione.

18 anni fa correvo verso mio fratello urlando "ANDIAMO A PESCARA A VEDERE SPACE JAM!"

17 anni fa dopo la visione di Jurassic Park: Il mondo perduto ero convinto che il paleontologo fosse il mestiere più figo del mondo.

16 anni fa non volevo andare a Ortona per giocare una partita di basket, avevo paura del confronto. Mia madre, però, mi convinse. Fu una delle vittorie più belle di quegli anni.

15 anni fa saltavo e urlavo nell'Hotel Du Park insieme ai miei compagni di squadra. L'Italia del basket aveva vinto gli europei.

14 anni fa non capivo tutto il fermento intorno al "2000", per me non era nulla di eccezionale, solo un'altra sequenza di numeri.

13 anni fa giocavo a calcetto fuori casa, mentre dall'altra parte del mondo crollavano palazzi e certezze.

12 anni fa ero al cinema a vedere Spiderman. È stato allora che il bambino dentro di me ha deciso di non andare mai via, grazie al cielo.

11 anni fa credevo che sul mio scarabeo rosso sarei potuto andare ovunque.

10 anni fa la mia classe, professoressa compresa, scoppiò a ridere quando dissi che da grande mi sarebbe piaciuto fare il giocatore di basket professionista. Li odiai tutti.

9 anni fa ho letto per la prima volta Il ritratto di Dorian Gray, avrei ripetuto la lettura almeno altre 5 volte.

8 anni fa festeggiavo l'Italia del calcio correndo in mutande per Scalea.

7 anni fa bevevo vodka con gli amici fuori dal portone del liceo, di notte, per festeggiare la fine di quella pagliacciata durata cinque anni.

6 anni fa ho capito che, nonostante gli anni e la distanza, le vere amicizie ci saranno sempre.

5 anni fa sono diventato grande.

4 anni fa ho scelto definitivamente chi essere e cosa voler fare.

3 anni fa grazie a te ho concluso, a testa alta e con gli occhi gonfi, il primo ciclo di studi universitari.

2 anni fa ho litigato con Dio, non ci parliamo da allora.

1 anno fa ero orgoglioso del mio stautus di studente fuori sede e cameriere nel weekend.

Oggi sono seduto di fronte uno schermo a scrivere queste righe

Tra un anno sarò...

sabato 1 febbraio 2014

Lezioni di vita

"Non hai passato l'esame? E allora? Vai a cena fuori, esci, festeggia! La prossima volta lo superi"
D.O.

"Per qualsiasi lavoro ci vuole il cervello"
G. C.

"La realtà? È la scusa che porta sempre chi manca di fantasia"
Tiziano Sclavi

"Scegli un lavoro che ami, e non dovrai lavorare neppure un giorno in vita tua"
Confucio

"Ognuno di noi ha un paio di ali, ma solo chi sogna impara a volare"
Jim Morrison

"Io devo scrivere perché senno sclero, non mi interessa che tu condivida il mio pensiero"
Caparezza

"Mi dicevi sempre di non entrare nel lato oscuro, ma è la vita che ci spinge a farlo"
Alessandro Bilotta

giovedì 23 gennaio 2014

Ringraziamenti


Poco più di sei anni fa iniziava la mia carriera universitaria. Lasciavo Lanciano, la mia città natale, carico di rabbia, culmine naturale di cinque anni di liceo che mi avevano dato davvero poco, sia a livello didattico che umano.
Oggi, al termine del mio percorso accademico, quella rabbia è stata sputata, repressa, incanalata e assorbita lungo la strada. Nei sei anni che mi lascio alle spalle sono cresciuto, non solo di età, ma anche caratterialmente, diventando l'uomo che sono oggi.
Proprio questa consapevolezza di crescita mi spinge qui, oggi, di fronte a questo monitor, a buttare giù alcuni ringraziamenti. 
Sul blog e non sulla tesi, perché mi piace l'idea che tutte le persone che ringrazierò possano leggere e  rileggere questo post in qualunque momento.

Il primo grazie va al mio papà, che non ha mai smesso di portarmi a scuola. Il secondo ovviamente alla mia mamma, che mi ha insegnato ad essere forte nei momenti di debolezza.
Il terzo a te, che sei semplicemente la parte migliore di me.

In rigoroso ordine cronologico, poi, un grazie a tutti quelli che ho incontrato in questi sei anni e dai quali sento di aver preso qualcosa di buono.
Grazie ai membri storici del Marvel Italia Forum, la community di appassionati di fumetti che non solo mi ha tenuto compagnia nelle prime sere da studente fuori sede, ma ha anche risvegliato la mia passione per la nona arte, tanto da volerne fare il mio lavoro.
Un grazie ai compagni della triennale con i quali ho legato maggiormente e insieme ai quali ho affrontato le prime avventure accademiche, grazie agli amici che c'erano allora e che ci sono oggi.
Grazie alle inquiline storiche di via Renzo Da Ceri prima e di via Lorenzo il magnifico dopo. Grazie per l'accoglienza, la pazienza e la comprensione.
Grazie al team della migliore trattoria di Roma, "Da Gianni", nella quale ho lavorato e imparato l'umiltà del sacrificio.
Grazie agli amici della specialistica, che sono riusciti nell'arduo compito di farmi vivere questi due anni di magistrale con una leggerezza e una spensieratezza mai viste.
Fuori dall'ordine cronologico, poi, ci sono rapporti che non sono minimamente scalfiti dallo scorrere del tempo. 
C'è l'Acheronte, gli amici di una vita, presenti prima, durante e dopo questi sei anni.
C'è il "Gruppo Roccia", ai quali sono legati gli unici ricordi positivi degli anni del liceo e con i quali si continua da oltre 10 anni a crearne di nuovi. 

Infine ci sono gli ultimi, non quelli last but not least, proprio gli ultimi, cioè least a certi livelli, roba che proprio se eviti è meglio. Se ne potrebbe non parlare, è vero, non dargli attenzioni. Però a pensarci bene quando pesti una merda sei costretto a darle attenzione mentre la togli dalla suola della scarpa, e la prossima volta magari ti curi di stare più attento a dove metti i piedi.
Grazie quindi a tutte le merde che ho incontrato in questi anni, ho imparato a riconoscerle e spero a evitarle maggiormente nel futuro.
Anche le brutte esperienze e gli spiacevoli incontri hanno contribuito a rendermi ciò che sono oggi e, in definitiva, a farmi godere come un mandrillo in questo momento.

martedì 21 gennaio 2014

Pre-partita

La sensazione è più o meno quella che si prova prima di una gara decisiva, poco importa se si tratta di Lega A o Promozione, perché per uno sportivo serio la differenza non è poi così stringente.
È come stare nello spogliatoio, in calzoncini e canotta, prima della palla a due.
Il sudore freddo scorre lentamente sulle tempie, le mani sono appiccicose e le gambe leggere.
Pensando all'imminente partita il cuore sussulta, la mente viaggia. Si pondera su come sfruttare i giochi a due, su come attaccare i mismatch, sui raddoppi in difesa e sul rimbalzo da catturare in più rispetto agli antagonisti.
Un respiro profondo. Un altro. Un terzo.
Poco importa della situazione in classifica, poco importa ciò che è accaduto nel turno precedente e cosa eventualmente accadrà in quello successivo. Gli allenamenti, le beghe dirigenziali e le incomprensioni dentro e fuori dal campo assumono contorni sfocati e sfuggevoli.
Conta solo oggi, adesso. Conta solo quella cazzo di voglia di spaccare il mondo.


venerdì 25 ottobre 2013

Ci sono persone...




Ci sono persone che tirano fuori il peggio di te, altre il meglio.

Ci sono persone che “Io non fumo, non bevo e non dico parolacce... ma cazzo mi è caduta la sigaretta nel rum”, altre che parlano poco, ma ciò che dicono è dannatamente coerente con ciò che sono.

Ci sono persone alle quali mancano 2 esami da tre o quattro anni, ma te le ritrovi sempre a tutti gli appelli. Altre che non ti chiedono quanti esami ti mancano prima di rivolgerti la parola.

Ci sono persone che “Io sono IO, e voi non siete un cazzo”, altre che preferiscono essere giudicati per ciò che fanno piuttosto che per ciò che dicono.

Ci sono persone che credono che tutto gli sia dovuto e per questo pretendono ogni cosa, altre per le quali dare è naturale, e restano sinceramente stupiti quando ricevono.

Ci sono persone qualificatissime sulla carta, ma dimenticano che nella vita si butta nel cesso un sacco di carta. Altre che hanno l'umiltà e il coraggio di voler imparare.


Ci sono persone... e ci sono amici, i primi ci danno la misura dell'importanza dei secondi.

martedì 6 agosto 2013

Ferie


Sono in ferie! 


Anche se non ho un lavoro con contratto a tempo indeterminato, anche se non ho un contratto di qualche mese, anche se non ho un part-time. 

Sono in ferie perché, nonostante le prestazioni lavorative occasionali, negli ultimi 10 giorni ho sgobbato. 

Così come nell'ultimo anno, tra ristorante e università.

Sono in ferie dalla mia mansione occasionale di cameriere, che non sarà il mestiere dei miei sogni o quello per il quale studio da anni, però è un bel lavoro e, udite udite, sono pagato per lavorare! 
Non si tratta di stage o sfruttamento mascherato. Io lavoro, il gestore mi paga.

Sembra fantascienza per uno studente italiano di editoria. Troppo spesso mi sono trovato di fronte a condizioni tipo: '"non ti posso pagare, ma vuoi mettere avere il nostro giornale sul cv?" oppure "non è prevista una paga, ma qui puoi fare esperienza !". 
Eh, cazzo, quasi quasi ti pago io per quest'opera di bene che stai facendo!
Forse sto invecchiando quindi le forze e l'entusiasmo iniziano a venir meno, ma credo che sarebbe salutare iniziare a dire qualche "no grazie", oppure a calibrare il proprio contributo sul feedback (economico o di esperienza) ricevuto.
Oppure, se proprio si vuole iniziare a far cassa, magari si potrebbe virare verso altre occupazioni, anche meno "prestigiose".


"Eh se ma io so dottore, mica mi posso mette a fa' il cameriere o il barista"

Ma cresci, per favore.


Un mio carissimo zio mi disse una volta una frase che, nella sua semplicità, non potrò mai scordare.

"Per fare qualsiasi lavoro ci vuole il cervello"


Banale? Forse, ma non sapete quanta gente c'è in giro a non pensarla così.

martedì 26 marzo 2013

L'Eroe


L’eroe non conosceva ancora il suo destino, né lo immaginava.
Percepiva se stesso come una persona del tutto normale, senza particolari caratteristiche che ne elevassero la caratura.
Sapeva dell’esistenza del male, ma peccava di uno dei più classici errori di gioventù: il sentirsi immortale. Nel pieno delle forze il male non l’avrebbe mai raggiunto.
Lottava ogni giorno, pur senza realizzare appieno per cosa o per chi.

Iniziò a insinuarsi nella sua mente il pensiero che non fosse un semplice uomo quando due sorrisi si incrociarono. Le mani che si cercarono un attimo dopo furono la silenziosa conferma.
Non era mai stato solo, ma ora sapeva con certezza che non lo sarebbe stato mai più.
Il suo “io” divenne un “noi” spontaneamente e la sua lotta giornaliera acquisì un nuovo significato.  

Nell’attimo di un vagito realizzò finalmente chi era.
Guardandosi allo specchio aveva ora più che mai chiaro il significato della parola “eroe”.
Non importava ciò che pensassero gli altri, ciò che suggeriva il senso comune o quello che la sua mente fortemente pratica concepisse intorno a quella parola.
Due occhi lucidi gli avevano spiegato in un attimo ciò che era e ciò che sarebbe stato nella vita.

L’eroe è stanco, il male lo ha raggiunto. Forse troppo presto, forse ingiustamente.
Si lascia cadere dolcemente sulle ginocchia, mentre nella sua mente scorrono lentamente diversi volti noti. Il loro numero sembra essere infinito, nessuno si ripete più di una volta, alcuni però indugiano più di altri.
Due lacrime corrono sulle guance rigandogli il volto, la simmetria della loro discesa è interrotta dalla barba incolta che domina ancora il suo viso. Sorride.

Sorride perché le forze non lo reggono più, ma è consapevole che quelle forze non sono disperse come vapore nell’aria. Poggia le mani sul terreno sabbioso, mentre il sole indugia sui capelli scuri.
Alzando lo sguardo riesce quasi a vedere il flusso di energia che dal proprio corpo va via, verso coloro che ne hanno bisogno.
Si rimette in piedi a fatica, mostrando il proprio volto al disco incandescente che sembra attenderlo.
Non ce la fa più, ma non è nella sua natura affrontare gli ostacoli a testa bassa. Il sorriso sembra espandersi mentre allarga le braccia, come se rivedesse un vecchio amico.

Chiude gli occhi.